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Decoro architettonico
Il decoro architettonico è il concetto che definisce l'aspetto peculiare di ogni singolo palazzo, quello che ne fa un'unità distinta rispetto ad altri, per le linee stilistiche, il progetto architettonico, la tinta della facciata, la presenza di balconi, portici, vetrate. Tutto quello, insomma che rende quel determinato palazzo unico nel suo genere, e che costituisce il pregio e di conseguenza il valore in termini di mercato. E il decoro, come fattore di riconoscibilità, è un bene comune che come stabilisce l'art.1120 . c. non si può alterare.Il decoro architettonico è un concetto applicabile solo nel caso di edificio di pregio?
No, il concetto di decoro si applica a qualunque tipologia di edificio.
"Per decoro architettonico deve intendersi l'estetica del fabbricato data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità" (sent. 851/2007).
L'installazione di un condizionatore sulla facciata interna del condominio può essere considerata lesione del decoro architettonico?
No, si ha lesione solo quando si interviene in maniera significativa sull'edificio in maniera tale da ridurre il valore commerciale dei singoli appartamenti che ne fanno parte.
“Nell’ipotesi in cui l’installazione dell’unità esterna dell’impianto di condizionamento sia di dimensioni normali, al fine di stabilire se vi è stata alterazione del decoro architettonico del fabbricato condominiale, devono essere tenute presenti le condizioni in cui quest’ultimo si trovava prima dell’installazione predetta. In altre parole, se è vero che un fabbricato, già pregiudicato sensibilmente sotto il profilo estetico, non può essere ulteriormente danneggiato, è altrettanto vero che non si può ragionevolmente parlare di alterazione del decoro se la facciata risulta già fortemente compromessa (per esempio per la presenza di altri motori, infissi di varia natura, persiane multicolori, preesistenza di contatori del gas con relative tubazioni, ecc...). Ne consegue che se sorge contestazione tra il condomino che vuole utilizzare il muro perimetrale e la restante parte della collettività condominiale, il giudice, nel decidere dell’incidenza del corpo motore del condizionatore sul decoro architettonico, deve adottare, caso per caso, criteri di maggiore o minore rigore in considerazione delle caratteristiche del singolo edificio e delle precedenti diverse modifiche operate da altri condomini che hanno già danneggiato il decoro del caseggiato” (sent. 16098/2003)
L'assemblea può vietare ai proprietari di effettuare qualunque modifica per il rispetto del decoro architettonico?
No, l'assemblea non ha questo potere poiché questo contrasta con il diritto stabilito dall'art. 1102 c.c. Di conseguenza quando c'è un problema tra condomini genericamente riferito al decoro, a decidere in concreto deve essere il giudice, valutando la situazione nel merito, e non in via teorica.
"L'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione determini o meno alterazione del decoro architettonico, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato" (sent. 6496/1995).
Nel valutare se esiste lesione al decoro architettonico si deve tener conto anche dello stato generale dell'immobile?
Sì, il giudice dovrà valutare la situazione al momento della nuova installazione che viene contestata.
“L’alterazione del decoro deve essere apprezzabile e tale apprezzabilità dell’alterazione del decoro deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere” (sent. 1286/2010).
Se un intervento quale la trasformazione di un balcone in veranda è stato autorizzata dal Comune, il condominio può bloccarlo comunque per lesione al decoro architettonico?
Sì, l'autorizzazione comunale non ha alcuna influenza su questo.
“I vincoli per la tutela delle bellezze naturali ed artistiche, gravanti sul proprietario di un immobile in edificio condominiale, incidono, in ordine alle opere che comportino modifica della situazione preesistente, solo nei rapporti fra il proprietario esecutore delle opere stesse e la pubblica autorità investita della tutela, ma non possono interferire negativamente sulle posizioni soggettive attribuite agli altri condomini dall'art. 1120, secondo comma, c.c. per la preservazione del decoro architettonico dell'edificio; da ciò consegue che, al fine di accertare la legittimità o meno, ai sensi del citato art. 1120, secondo comma, c.c., della innovazione eseguita dal proprietario di un piano o di una porzione di piano, in corrispondenza della sua proprietà esclusiva, è irrilevante che l'autorità preposta all'indicata tutela abbia autorizzato l'opera medesima” (sent. 2552/1975 sezioni unite).
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Deleghe
In base alla legge, ossia come prevede l'art. 67 disp. att. c. c., ciascun proprietario può intervenire in assemblea direttamente o tramite un proprio rappresentante. La legge non pone alcun tipo di limite per quel che riguarda le persone che possono essere delegate a partecipare: possono essere altri condomini, estranei al condominio, oppure lo stesso amministratore. Non ci sono neppure limiti di legge per quel che riguarda il numero delle deleghe. Non è invece possibile rilasciare una delega una volta per tutte, ma questa deve deve risultare in calce alla singola convocazione e deve essere consegnata al presidente dell'assemblea perché la metta a verbale.E' possibile delegare l'amministratore all'approvazione del rendiconto anche in caso di ratifica di spese da lui effettuate senza preventiva autorizzazione, o si crea un conflitto d'interessi?
La delega all'amministratore è valida e non c'è conflitto d'interessi in tutti i casi in cui il condomino comunica all'amministratore le sue intenzioni di voto.
“In caso di conflitto di interessi fra un condomino ed il condominio, qualora il condomino in conflitto di interessi sia stato delegato da altro condomino ad esprimere il voto in assemblea, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile aprioristicamente al rappresentato, ma soltanto allorché si accerti, in concreto, che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi, in caso contrario, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse - non personale ma quale componente della collettività - e lo abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato” (sent. 18192/2009).
L'assemblea ha il potere di contestare le votazioni effettuate per delega?
No, l'unico che può aver qualcosa da ridire è colui che ha dato la delega, ove non fosse stata rispettata la sua volontà, mentre in nessun caso potrebbero contestare il voto gli altri condomini. Ovviamente chi da la delega può chiedere di esprimere il voto a favore o contro solo su alcuni punti, astenendosi su altri. In ogni caso, però, tutte le eventuali problematiche vanno risolte "all'interno" tra delegante e delegato, e l'assemblea non ha nessuna voce in capitolo per contestare il voto.
"I rapporti tra il rappresentato ed il rappresentante intervenuto in assemblea sono disciplinati dalle regole del mandato con la conseguenza che solo il condomino delegante è legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega e non gli altri condomini estranei a tale rapporto" (sent. 8116/1999).
In caso di più proprietari, o anche solo di moglie e marito, chi partecipa all'assemblea deve esibire la delega?
No, nessuna norma di legge impone la delega dei comproprietari per partecipare in assemblea. La tutela, in questo caso, è data dall'obbligo di invitare tutti i proprietari indistintamente. Spetterà poi a loro decidere da chi farsi rappresentare.
“Affinché uno dei comproprietari pro indiviso di un piano o porzione di piano possa ritenersi ritualmente convocato a partecipare all'assemblea del condominio, nonché validamente rappresentato nella medesima, con riguardo ad affari di ordinaria amministrazione, dall'altro comproprietario della stessa unità immobiliare, non si richiedono particolari formalità, essendo sufficiente che risulti provato, anche per presunzioni, che il primo dei predetti comproprietari abbia ricevuto effettiva notizia della convocazione dell'assemblea, ed abbia conferito, sia pure verbalmente, il potere di rappresentanza”. (sent. 12119/1992)
In caso di due comproprietari che partecipano all'assemblea e sono in disaccordo tra loro, chi ha diritto di voto?
Se c'è disaccordo tra i vari proprietari, questi hanno comunque il diritto di partecipare alla riunione dell'assemblea, in quanto, appunto, condomini. Al momento della decisione, però, sarà uno solo a poter esprimere il suo voto. E se l'accordo non si trova la soluzione è affidata d un sorteggio con il quale si dovrà stabilire chi ha diritto al voto.
“Qualora un piano o porzione di piano dell'edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati; in mancanza provvede per sorteggio il presidente” (art. 67 disp. att. c. c. comma 2 ).
E' possibile disciplinare con un regolamento approvato a maggioranza il numero massimo di deleghe che ciascun condomino può portare in assemblea?
Sì, questo tipo di decisione rientra tra i poteri regolamentari dell'assemblea.
“La modifica del regolamento condominiale, non contrattuale, adottato con la deliberazione della maggioranza dei partecipanti al condominio, nel senso di limitare il potere dei condomini stessi di farsi rappresentare nelle assemblee, riducendolo a non più di due deleghe, conferite ad altri partecipanti alla comunione per ogni assemblea, non incide sulla facoltà di ciascun condomino di intervenire in questa a mezzo di rappresentante (art. 67, comma 1, disp. att. c.c.), ma regola l’esercizio di quel diritto, inderogabile (secondo quanto si evince dal successivo art. 72) a presidio della superiore esigenza di garantire l’effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell’interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente” (sent. 5315/1998)
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Delibere annullabili e delibere nulle
Per la validità delle delibere occorre sempre calcolare la doppia maggioranza data dal numero dei votanti e dai millesimi di proprietà. La contabilizzazione di proprietari e millesimi è obbligatoria per tutte le delibere, da quelle di ordinaria amministrazione, a quelle per le quali è richiesta la maggioranza qualificata. Le delibere approvate con una maggioranza inferiore a quella prevista dalla legge sono annullabili ma non nulle. Sono nulle, invece, le delibere prese su argomenti sui quali l'assemblea non ha il potere di decidere.Qual'è l'elenco esatto delle delibere che possono essere considerate annullabili?
Sono annullabili le delibere:
- con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea;
- adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale;
- affette da vizi formali;
- in violazione di norme di legge, convenzioni, regolamenti, convocazione o informazione dell'assemblea.
“Si considera annullabile l'atto in presenza di carenze o di vizi ritenuti meno gravi, secondo la valutazione compiuta dall'ordinamento. Annullabile è, dunque, l'atto che, non mancando degli elementi essenziali del tipo, presenta vizi non gravi, che lo rendono idoneo a dare vita ad una situazione giuridica precaria, che può essere rimossa..... Sono quindi da ritenersi annullabili le delibere affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea; quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione; le delibere viziate da eccesso di potere o da incompetenza, che invadono cioè il campo riservato all'amministratore; le delibere che violano norme che richiedono qualificate maggioranze in relazione all'oggetto”(sezioni unite sent. 4806/2005).
Quali sono le delibere considerate nulle?
Sono nulle, quindi senza alcuna validità fin dall'origine, le delibere:
- prive degli elementi essenziali;
- con oggetto impossibile o illecito (contrario alla legge);
- con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea;
- che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva;
- comunque invalide in relazione all'oggetto.
In questi casi di fatto la delibera non ha valore fin dalla sua origine, e può essere impugnata senza imiti di tempo anche da parte di chi a suo tempo avesse votato a favore.
“In generale, si considera nullo l'atto quando manca ovvero è gravemente viziato un elemento costitutivo, previsto secondo la configurazione normativa. Pertanto, a causa dell'assenza ovvero del grave vizio dell'elemento considerato essenziale, l'atto si considera inidoneo a dar vita alla nuova situazione giuridica, che il diritto ricollega al tipo legale, in conformità con la sua funzione economico-sociale..... Debbono perciò qualificarsi nulle le delibere prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto. ” (sezioni unite sent. 4806/2005).
Cosa accade se una delibera annullabile non viene impugnata?
Se nessun condomino procede con l'impugnazione dell'atto entro 30 giorni, come previsto dall'art.1137 c.c.,le delibere sono valide a pieno titolo.
“Se gli stessi condomini interessati ritengono che dal provvedimento approvato senza l'osservanza delle forme prescritte non derivi loro un danno, manca il loro interesse a chiedere l'annullamento. Il difetto di impugnazione in termine può assumere significato di personale successiva adesione alla delibera” (sent. 4806/2005).
Nel caso di una delibera di spesa annullabile e impugnata, si può evitare di pagare quanto stabilito dall'assemblea?
No, le delibere impugnate peraltro non perdono validità finché il giudice non decide sull'annullamento.
“Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa” (art.1137 c.c. comma 2).
E' possibile revocare una delibera già presa per evitare che venga impugnata, avendo scoperto solo successivamente che era annullabile?
Sì, è sufficiente una successiva riunione dell'assemblea con all'ordine del giorno l'argomento, già approvato, sul quale deliberare nuovamente. La delibera "correttiva" a questo punto sarà perfettamente valida.
"L'assemblea, con una deliberazione successiva, può revocare una delibera precedente il cui contenuto sia stato posto in votazione e nuovamente approvato nel corso della stessa seconda adunanza" (sent. 8231/2009).
I condomini i che si sono astenuti possono impugnare le delibere annullabili?
Sì. Tutti coloro che non hanno votato a favore possono impugnare le delibere.
“Ad essere legittimati a impugnare le delibere sono anche i condomini astenuti, in quanto si trovano nella stessa posizione dei partecipanti dissenzienti e assenti che non hanno contribuito all’approvazione delle decisioni che si vogliono impugnare”(sent.129/1999 )
Nel caso di un'assemblea annullabile per errori nella comunicazione, chi partecipa all'assemblea può successivamente chiedere l'annullamento delle delibere per vizi nella convocazione?
No, non può farlo. Partecipando all'assemblea dimostra infatti di essere al corrente della sua convocazione.
“Chi non abbia mosso alcuna obiezione al riguardo, non può più impugnare la deliberazione presa ponendo a fondamento dell’impugnazione la predetta irregolarità, perché con il suo comportamento ha aderito all’attuazione del procedimento irregolare di convocazione (Cass. n. 240/1967).
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Diritto di sopraelevazione
L'art. 1127 c.c. consente al proprietario dell'ultimo di costruire al di sopra del suo appartamento o di ampliarlo nel caso in cui sia proprietario esclusivo del lastrico solare. E poiché questo è un diritto sancito dalla legge non occorre alcuna autorizzazione del condominio, a meno che non esista un regolamento condominiale contrattuale che vieta questi interventi. La nuova costruzione è comunque vietata se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono, se a pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio, se diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti. Chi realizza una sopraelevazione è tenuto a pagare agli altri condomini una somma pari al valore commerciale dell'area utilizzata, come previsto dallo stesso art.1127 comma 4. In caso di sopraelevazione, infine, debbono essere modificate le tabelle millesimali, secondo quanto previsto dall'art. 69 disp.att. c.c., che indica la sopraelevazione di nuovi piani come una delle situazioni delle quali il rifacimento delle tabelle è obbligatorio.E' dovuta l'indennità di sopraelevazione in caso di realizzazione di una veranda coperta adiacente all'attico?
Il nuovo piano non necessariamente deve essere al di sopra dell'ultimo in quanto è prevista anche la possibilità di ampliare la costruzione già presente al piano attico.
“Qualsiasi costruzione oltre l'ultimo piano dell'edificio realizza, in ogni caso, un nuovo piano od una nuova fabbrica indipendentemente dal rapporto con la precedente altezza dell'edificio stesso, per cui la realizzazione d'una veranda coperta sulla terrazza adiacente ad un appartamento al piano attico ed, in quanto tale, svolgente anche funzione di copertura dell'edificio, l'esercizio, legittimo in astratto ex primo comma dell'art. 1127 c.c., del diritto di sopraelevazione soggetto alla corresponsione dell'indennità” (sent. 12173/1991)
E' dovuta l'indennità di sopraelevazione in caso di rialzo intervento solo interno per il recupero del sottotetto?
No, l'indennità è dovuta solo nel caso di effettivo spostamento verso l'alto della copertura.
"Ogni qual volta l'opera realizzata non sia limitata alle sole modificazioni interne del sottotetto nel rispetto delle strutture originarie del fabbricato, ma determini anche un ampliamento di queste ultime, nella specie attraverso l'elevazione dell'originaria altezza dell'edificio ed il proporzionale spostamento in alto della sua copertura si realizza una sopraelevazione che da, pertanto, luogo all'obbligo di corresponsione dell'indennità di cui all'ultimo comma della stessa norma" ( sezioni unite sent. 16794/2007).
E' dovuta l'indennità di sopraelevazione se non si innalza complessivamente il tetto ma ci si limita a intervenire sulle falde per ridurre la pendenza?
Sì, perchè anche in questo caso si è di fronte ad un intervento di sopraelevazione.
“, la fattispecie dalla stessa regolata va ravvisata in ogni ipotesi d'incremento delle dette superficie e volumetria, indipendentemente dal fatto ch'esso dipenda o meno dall'innalzamento dell'altezza del fabbricato (ad esempio, ferma l'altezza del colmo del tetto, ove l'incremento di superficie effettivamente utilizzabile e di volumetria si realizzino mediante la trasformazione dello spiovente da rettilineo con pendenza unica a spezzato con pendenze diverse” ( sezioni unite sent. 16794/2007).
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Diritto di veduta
Per le nuove costruzioni sono previste distanze obbligatorie per tutelare il diritto di veduta, come stabilito dagli art. 905, 906 907 c.c.La distanza minima obbligatoria non si applica, però in tutti i casi in cui un proprietario intende mettersi al riparo dagli sguardi dei vicini, con tende e tettoie. In questo caso il diritto alla privacy prevale sulle altre norme di legge.Si può far rimuovere una tettoia installata a meno dei tre metri previsti per chi ha il diritto di veduta in verticale?
No, in questo caso il condomino ha il diritto di tutelare la sua privacy.
"E' legittima la tettoia in lamiera di una tenda parasole installata per la tutela della privacy e per il riparo dagli agenti atmosferici, nonostante sia di dimensioni maggiori rispetto a quella di analoghi manufatti di altri condomini, provochi riverberi di luce a causa della copertura metallica, e comprima l'esercizio del diritto di veduta in appiombo del condomino dell'appartamento sovrastante" (sent. 3891/2000).
E' possibile opporsi al passaggio di una nuova canna fumaria appoggiata al muro comune se questa è di significativo ingombro?
No, non è possibile perché in condominio il diritto dei proprietari di utilizzare i beni comuni per il proprio miglior godimento prevale sulle altre norme di legge.
“Le norme sulle distanze legali, le quali sono fondamentalmente rivolte a regolare rapporti tra proprietà autonome e contigue, sono applicabili anche nei rapporti tra il condominio ed il singolo condomino di un edificio condominiale nel caso in cui esse siano compatibili con l' applicazione delle norme particolari relative all' uso delle cose comuni (art. 1102 c. c.), cioè nel caso in cui l' applicazione di queste ultime non sia in contrasto con le prime e delle une e delle altre sia possibile una applicazione complementare; nel caso di contrasto prevalgono le norme relative all'uso delle cose comuni, con la conseguenza della inapplicabilità di quelle relative alle distanze legali che, nel condominio di edifici e nei rapporti tra il singolo condomino ed il condominio stesso, sono in rapporto di subordinazione rispetto alle prime” (sent. 724/1995).
Ci si può opporre alla costruzione di una tettoia trasparente in giardino, a meno di tre metri in verticale, in quanto questa potrebbe consentire di arrampicarsi ed accedere al piano superiore?
No, non si può far perno sulla questione della sicurezza, se questa non è provata, né sul diritto di veduta, per limitare i diritti altrui.
“Qualora - attraverso la valutazione delle esigenze e dei diritti degli altri partecipanti alla comunione - il giudice verifichi che l'uso della cosa comune sia avvenuto nell'esercizio dei poteri e nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art.1102 cod. civ. a tutela degli altri comproprietari, deve ritenersi legittima l'opera seppure realizzata senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti fra proprietà contigue e che trovano applicazione nel condominio, sempreché la relativa osservanza sia compatibile con la struttura dell'edificio condominiale, in cui le singole proprietà coesistono in unico edificio”(sent. 22092/2011).
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